martedì 8 gennaio 2019

Quota 100, Reddito di Cittadinanza e Fondi Interprofessionali: dove sono gli operatori?


Ancora una volta la politica prova a mettere le mani sulle scarse risorse per la formazione continua gestite dai Fondi Interprofessionali (siamo ormai a circa 900 Milioni l’anno per 10 milioni di lavoratori, al netto del prelievo ormai fisso di 120 Milioni) per utilizzarle per le politiche passive, in questo caso “quota 100” (qui i Fondi potrebbero abbatterla a quota 97 o addirittura 94 in qualche caso) e per la formazione dei disoccupati nell'ambito del reddito di cittadinanza.
La poca documentazione che filtra in merito a tali scelte indica, innanzitutto nella terminologia, che resta ancora grande la confusione nelle teste dei legislatori tra Enti Bilaterali, Enti Bilaterali per la Formazione, Fondi Interprofessionali, Casse etc.
Ma la cosa che risulta ancora più evidente è come anche stavolta queste decisioni vengano prese senza una adeguata interlocuzione. 
Questo non solo perché sicuramente il Governo non la cerca (né d'altronde neanche i precedenti lo hanno mai fatto in maniera convinta e sistematica), ma anche perché le Parti Sociali che promuovono gli stessi Fondi hanno un atteggiamento non omogeneo e spesso poco consapevole, anche a livello tecnico – normativo dello strumento a loro disposizione e d'altronde non sono del tutto contrarie alle politiche passive che sono per loro meglio comprensibili (e redditizie sotto il profilo del tesseramento).
Quindi chi difende i Fondi Interprofessionali come l’unico strumento rimasto per sviluppare politiche attive del lavoro e di sviluppo dell’imprese? In questo momento sostanzialmente nessuno, tanto meno imprese e lavoratori che purtroppo ne hanno scarsissima conoscenza e, soprattutto, non capiscono che si tratta di un loro diritto (pagato peraltro) e non ne comprendono fino in fondo le possibilità.
In tutto questo gli operatori del comparto della formazione, che pure sono parte di un sistema ampio ma allo stesso tempo molto omogeneo per tipologia di lavoro, finalità, metodi, organizzazione, etc. non sono mai riusciti ad organizzarsi in forma di una rappresentanza credibile verso le Istituzioni e, perché no, anche verso i Fondi stessi.
A mio parere è arrivato invece il momento di organizzarsi. 
Inutile pubblicare articoli sul web pieni di lamentele, bisogna agire, coordinarsi e chiedere un tavolo di confronto a tutti i livelli. Ci sono già alcune Associazioni di Enti di Formazione ed i professionisti della formazione, ma quello che manca è un luogo di confronto (potremmo definirlo un “Forum”) e di organizzazione delle iniziative, magari in concerto con altre categorie (es. gli Ordini Professionali, le Associazioni di professionisti non ordinistici, etc.) e quelle Parti Sociali che, in totale autonomia politica, vogliano accompagnarne l’azione verso il Governo.
Invito quindi tutti i rappresentanti di questi organismi a mettersi in contatto, organizzarsi e creare momenti di incontro e di scambio sui temi delle politiche attive del lavoro.
Per questa iniziativa non è quindi importante definire “chi comanda” (o meglio “chi si mostra”), elemento che finora ha bloccato molte battaglie importanti, ma organizzare dissenso e proposte in modo organico nel rispetto delle singole individualità. Non è facile, ma se ci pensiamo bene, tutti quanti la pensiamo allo stesso modo sull'importanza della formazione continua e professionalizzante per i lavoratori occupati.
Quindi basta piangerci addosso, organizziamoci e facciamoci sentire, non solo per la nostra professionalità, ma anche per lo sviluppo del Paese e per non perdere questo prezioso patrimonio utile allo sviluppo ed all'innovazione del nostro tessuto imprenditoriale.

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